VI ACCUSO

Diario dell’Esilio – 18 marzo 2025

Questa poesia è nata in uno dei giorni più duri del mio esilio. Non per ferire, ma per non dimenticare. È un atto necessario: scritta non per convincere, ma per non spegnermi. Non importa se qualcuno la leggerà. Importa che sia stata scritta.

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Vi accuso.
Voi che avete distolto lo sguardo.
Voi che avete sentito le grida, ma avete scelto il silenzio.
Voi, anime pie pronte a pregare ma mai a tendere una mano.
Vi accuso per aver lasciato cadere un uomo
e aver detto, con indifferenza:
“Un altro sfortunato schiacciato dal sistema.”

Vi accuso per aver perso la compassione,
per aver lasciato morire la sensibilità,
per aver spento la coscienza.

Vi accuso per non aver mai provato a capire
cosa significhi essere umiliato,
spogliato dei propri diritti,
con i sogni calpestati come polvere.

Vi accuso per aver pensato che non potesse capitare a voi.
Per aver detto: “A me non succederà mai.”
Per aver ripetuto: “Ho già i miei problemi.”

Vi accuso per aver cancellato l’ultima parte della vostra umanità,
pur di non vedere la sofferenza altrui.
E vi accuso soprattutto
per aver giustificato la vostra indifferenza
con parole ipocrite e vigliacche:
“Sarà un caso isolato. Un matto.”
“Se fosse vero, ne avrebbero parlato in televisione.”
“Lasciamolo alla sua follia.”

Vi accuso.
E anche se nessuno leggerà queste parole,
io le scrivo per me, per la mia coscienza.
Perché un giorno, mi assolverò.